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Ci sarebbe Hamas dietro il veliero pro-Gaza con Greta Thunberg a bordo

Ci sarebbe Hamas dietro il veliero pro-Gaza con Greta Thunberg a bordo

Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico «The Telegraph», Zaher Birawi, dirigente di Hamas in Europa, sarebbe tra i fondatori dell’organizzazione responsabile della missione umanitaria nella Striscia di Gaza che ha coinvolto l’attivista climatica Greta Thunberg e la parlamentare europea francese Rima Hassan. Birawi, 63 anni, è un cittadino palestinese-britannico che si definisce «giornalista» e si presenta come uno dei «membri fondatori» della Coalizione Internazionale della Freedom Flotilla, promotrice del viaggio verso Gaza. Nell’ottobre 2023, il deputato laburista britannico Christian Wakeford lo aveva pubblicamente definito, in virtù della sua immunità parlamentare, «un terrorista di Hamas residente a Barnet, nella zona nord di Londra». Wakeford aveva inoltre evidenziato come Birawi ricoprisse il ruolo di «amministratore di una ONG britannica, la «Education Aid for Palestinians», e avesse organizzato a Londra nel 2019 un incontro pubblico dal titolo «Capire Hamas». Le autorità israeliane avevano già inserito Birawi nella lista dei rappresentanti di Hamas in Europa nel 2013, mentre nel 2021 l’organizzazione da lui guidata, l’EuroPal Forum, è stata ufficialmente classificata da Israele come «organizzazione terroristica». Una fotografia del 2012 lo mostra accanto a Ismail Haniyeh, l’ex capo di Hamas ucciso a Teheran lo scorso anno. Dall’inizio del conflitto nella Striscia, Birawi ha avuto un ruolo attivo nell’organizzazione di manifestazioni anti-israeliane nel Regno Unito. Domenica scorsa, la marina israeliana ha fermato l’imbarcazione Madleen a circa 150 miglia nautiche dalle acque israeliane, procedendo con l’arresto dei dodici attivisti a bordo, tra cui Thunberg, Hassan e l’attore irlandese Liam Cunningham, noto per la serie «Game of Thrones». Prima del rimpatrio, agli attivisti verranno mostrate le immagini relative al massacro del 7 ottobre. Birawi ha duramente criticato l’intervento israeliano, definendolo «un atto di pirateria in acque internazionali». Mentre scriviamo gli attivisti filo-palestinesi che si trovavano a bordo dell’imbarcazione diretta verso la Striscia di Gaza con l’intento di infrangere il blocco navale imposto da Israele sono giunti all’aeroporto Ben Gurion, da dove verranno rimpatriati nelle rispettive nazioni nelle prossime ore. Lo ha reso noto il Ministero degli Esteri israeliano, che ha liquidato l’operazione come uno «yacht da selfie». «Chi si rifiuterà di firmare i documenti per l’espulsione e abbandonare il Paese sarà portato davanti a un’autorità giudiziaria, in base alla legislazione israeliana, per l’approvazione della misura», ha precisato il dicastero, aggiungendo che i rappresentanti consolari dei Paesi di provenienza hanno già accolto gli attivisti all’aeroporto.

Oltre il 25% dei fondi non governativi destinati ad Hamas proviene dalla Gran Bretagna

Secondo quanto riferito dall’emittente israeliana N12, alcune organizzazioni caritatevoli e programmi pubblici con sede nel Regno Unito avrebbero finanziato Hamas nella Striscia di Gaza, stando a documenti ufficiali e fonti legate ai servizi di sicurezza. Fonti governative britanniche avrebbero indicato che Londra ha deliberatamente trasferito «decine di milioni di sterline» al gruppo islamista, secondo quanto riportato dalla stessa emittente. Funzionari citati da N12 hanno evidenziato come Hamas, braccio armato della Fratellanza Musulmana, goda di ampi margini di manovra nel Regno Unito, al punto da aver trasformato il Paese in una sorta di base operativa secondaria rispetto a Gaza. Alcuni membri di spicco del movimento islamista risulterebbero titolari di cittadinanza britannica e sarebbero in grado di raccogliere notevoli fondi, provenienti non solo da donazioni private, ma anche da canali istituzionali. I documenti in questione, ottenuti dall’organizzazione NGO Monitor, risalirebbero al novembre 2022 — quasi un anno prima degli attacchi del 7 ottobre — e sono stati redatti dal Foreign Office con il titolo «The British Humanitarian Support Plan for the Occupied Palestinian Territories». Il piano prevedeva lo stanziamento di decine di milioni in contanti da distribuire tra Cisgiordania e Gaza tramite l’UNICEF.

Secondo quanto emerso, i fondi destinati a Gaza sarebbero stati convogliati attraverso il Ministero dello Sviluppo Sociale, diretto nella Striscia da Ghazi Hamad, figura di vertice di Hamas. Hamad, in passato consigliere di Ahmed Jabari — ex comandante dell’ala militare del gruppo — ha ricoperto anche i ruoli di viceministro degli Esteri e portavoce del movimento, oltre a essere stato coinvolto nei negoziati per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit nel 2011. Anne Herzberg, interpellata da N12, ha commentato: «È apparso in TV affermando che Hamas ripeterà il 7 ottobre più e più volte. È scandaloso che il denaro dei contribuenti finisca a un dicastero legato a simili figure». Udi Levy, già a capo della divisione antiterrorismo finanziario del Mossad, ha dichiarato all’emittente: «Il Regno Unito è diventato il principale fornitore di fondi a Hamas, anche dopo il 7 ottobre». Secondo Levy, sarebbero attive strutture finanziarie che, dietro la facciata di iniziative umanitarie, di fatto finanziano le operazioni di Hamas a Gaza, in Cisgiordania e altrove. Oz Noy, ex dirigente del dipartimento israeliano e internazionale dello Shin Bet, ha aggiunto: «Hamas ha sviluppato un sistema finanziario estremamente sofisticato. Queste reti consentono il trasferimento di fondi, il riciclaggio e perfino la generazione di profitti».Hamas e i Fratelli Musulmani operano nel Regno Unito da decenni, attraverso fondazioni e organizzazioni di beneficenza. Secondo le autorità di sicurezza, il Regno Unito è attualmente uno dei tre principali snodi di finanziamento verso Hamas, insieme a due Paesi a maggioranza musulmana. Si stima che oltre il 25% dei fondi non governativi destinati al gruppo provenga dalla Gran Bretagna. Già nel 2001, lo sceicco Yusuf al-Qaradawi — storico leader della Fratellanza Musulmana, scomparso nel 2022 — aveva diretto una rete di cinquanta fondazioni islamiche con il compito di raccogliere fondi per Hamas durante la Seconda Intifada. Nonostante la messa al bando ufficiale di questa rete, molte sue diramazioni con sede nel Regno Unito avrebbero continuato a operare e a crescere. In risposta all’inchiesta di N12, il Ministero degli Esteri britannico ha dichiarato: «Adottiamo misure rigorose per evitare che i fondi umanitari vengano deviati. Nessuna parte degli aiuti forniti dal governo britannico raggiunge Hamas». Tuttavia, le evidenze emerse sembrano contraddire nettamente questa posizione.

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