L’attacco statunitense ha centrato tre degli obiettivi urgenti: azzerare il programma nucleare iraniano, scongiurare il blocco dello Stretto di Hormuz e limitare le spese israeliane, ormai al 7% del Pil nazionale. Restano da fermare i traffici di armi nello Yemen, mentre cresce l’allerta per il terrorismo, per possibili ripercussioni verso basi Usa nel Mediterraneo e per la posizione di Russia, Corea e Cina.
Qualche ora dopo gli attacchi di questa mattina (la notte italiana) ai siti nucleari iraniani, altri bombardieri statunitensi hanno sganciato bombe di precisione sul porto di Bandar Abbas. E’, questo, il secondo obiettivo strategico per rendere inoffensive le forze di Teheran, impedendo qualsiasi iniziativa per bloccare lo Stretto di Hormuz. Manca un terzo obiettivo: tagliare per sempre la “testa” a quel serpente che attraverso il deserto porta armi ai ribelli Houthi nello Yemen e che costituisce l’arsenale che gli ayatollah forniscono a Hezbollah e Hamas. Un potenziale stimato nella capacità di Teheran di costruire 8.000 missili in breve tempo mentre almeno la metà dei dichiarati 2.500 ordigni pronti sarebbero stati lanciati e in gran parte distrutti, in volo come a terra, durante le prime incursioni israeliane. Si stima che oltre il 50% delle rampe fisse e mobili siano state neutralizzate. Ma mentre per i primi due obiettivi la conferma della loro distruzione è garantita dalle foto satellitari, per il terzo le cose sono più complicate e non basta essere possessori delle risorse tecnologiche militari migliori per colpire fin sottoterra, come le bombe Gbu-57 usate per penetrare le infrastrutture del monte Kolang Gaz, dove si celavano i laboratori del centro nucleare di Natanz. Più colpi delle Gbu-57 sono stati assestati nel medesimo punto per garantire la perforazione delle strutture in cemento armato ad alta densità, rilevando anche scosse di terremoto dovute alle esplosioni sotterranee. Ma altrove i territori da controllare sono troppo estesi, le piste seguite dai convogli pieni di armi sono numerose e sempre differenti, il nemico è abile a nascondersi e a occultarle nei tanti villaggi presenti. Qui i 12 super bombardieri B-2 Spirit arrivati dagli Usa possono fare poco, sarà un lavoro sporco che potrà essere portato a termine soltanto in due modi: decapitando il regime iraniano, ma sappiamo che sono già stati nominati i futuri successori di Khamenei, oppure con l’impiego di agenti sul posto o di un improbabile e costosissimo uso della fanteria che Trump per primo vuole evitare. Per distruggere le strutture di superficie, come quelle del centro di Isfanah, sono stati invece usati missili da crociera a lungo raggio, almeno una trentina di Bgm-109E/IV-Tlam Tomahawk lanciati da diverse unità della Marina americana, alcune delle quali sottomarine, come lo Uss Georgia (ssgn-729), sottomarino di classe Ohio attualmente in navigazione nel Mare Arabico settentrionale. Non è certo finito tutto con questo attacco: venerdì, il Carl Vinson Carrier Strike Group era operativo nel Mar Arabico settentrionale, mentre il gruppo da combattimento della portaerei Nimitz dovrebbe arrivare nella regione entro la sera del 22 giugno. Gli Usa hanno anche posizionato due cacciatorpediniere lanciamissili classe Arleigh Burke nel Mar Rosso: la Uss Forrest Sherman (ddg-98) e la Uss Truxtun (Ddg-103), mentre nel Mediterraneo incrociano cinque navi da difesa missilistica balistica: la Uss Arleigh Burke (ddg-51), la Uss Thomas Hudner (Ddg-116), la Uss Sullivans (Ddg-68), la Uss Paul Ignatius (Ddg-117) e la Uss Oscar Austin (Ddg-79). Le cinque navi sono in grado di intercettare missili balistici diretti contro Israele o basi statunitensi nella regione, inclusa la Sicilia. Seppure la supremazia aerea di Israele e degli Usa nello spazio aereo iraniano sia scontata, non lo è il fatto che altre batterie di missili possano essere state attivate o approntate in fretta, per questo motivo i bombardieri B-2 sono stati preceduti da incursioni della “scorta” costituita da caccia F-22A e F-35A dell’Usaf, nonché dagli F-35 israeliani. Apparentemente gli Usa hanno appositamente lasciato che alcuni bombardieri e altrettante aviocisterne fossero visibili sui siti di tracciamento mentre volavano verso la base di Guam, nel Pacifico, mentre altri gruppi hanno volato direttamente verso la zona delle operazioni. Nelle prossime dodici ore, quando il fumo degli incendi si sarà esaurito, i satelliti potranno confermare se gli obiettivi sono stati effettivamente raggiunti. Da quanto appare mentre scriviamo, a Fordow sembrano essere andati a segno una serie di colpi in prossimità dei punti d’ingresso del centro nucleare e appaiono evidenti anche alcuni cedimenti del terreno attorno alla base che dimostrerebbero il collasso delle solette dei bunker. La logica domanda che ci si pone è quale potrà essere la reazione iraniana. Secondo la maggioranza degli analisti, essa potrà essere molto limitata nell’immediato, mentre sono sempre più probabili azioni asimmetriche nel tempo presso le basi statunitensi e i contingenti militari stranieri presenti in Medioriente. Dunque lo scenario internazionale si complica: Mosca si è opposta a un possibile cambio del regime iraniano; alcune nazioni si sono dette disposte a dare armi nucleari a Teheran, e questi fattori, insieme con la necessità di controllare le finanze interne, hanno portato Israele a voler chiudere la partita del pericolo nucleare iraniano nel minor tempo possibile, anche perché i fronti aperti sono ormai troppi: Gaza, Cisgiordania, Siria, Libano, Iran e Yemen. Il totale delle spese militari per le ultime campagne, secondo il centro studi britannico Rusi e il Ministero dell’economia israeliano, per Gerusalemme avrebbe raggiunto ormai i 75 miliardi di dollari con un’incidenza sul Pil del 7%. Tale cifra, riportata anche dall’Agenzia Reuter e pubblicata dal Guardian, giustifica ampiamente la “fretta” del governo Netanyahu. Ora da temere ci sono certamente le cellule iraniane presenti in Israele, Europa e negli Usa, in grado di poter portare a segno atti terroristici. Per questo l’allerta è massima anche per noi italiani che abbiamo contingenti militari all’estero. Ma non soltanto: le Intelligence di tutta Europa sono impegnate a tenere sott’occhio gruppi terroristici presenti in Olanda, non a caso l’ambasciatore iraniano nei Paesi Bassi fu convocato dopo che i Servizi dell’Aia avevano collegato Teheran a due tentativi di assassinio in Europa, tra cui un attentato ad Haarlem nel 2024 e un attentato al politico spagnolo Alejo Vidal-Quadras l’anno precedente. Similmente, in Svezia due uomini, Mohammad Heidari e Shayan Tousynezhad, sono stati ritenuti legati alla Guardia rivoluzionaria iraniana e avrebbero usato false identità per ottenere asilo e preparare un attentato a ebrei svedesi.
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