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La sinistra arcobaleno sogna un finto martirio al gulasch

La sinistra arcobaleno sogna un finto martirio al gulasch

Frasi roboanti con la segreta speranza di essere arrestati da Orbán come la Salis. Dopo la piazza Ventotene, il 25 Aprile, l’antifascismo, il riarmo e la Palestina, l’opposizione non sa più che fare per avere un po’ di visibilità

Sono mesi che la sinistra trova ogni occasione per manifestare. Ha cominciato a metà marzo, con la scusa di difendere gli ideali dell’Europa, minacciati non si sa da chi, forse dalla stessa burocrazia di Bruxelles. Poi c’è stato il 25 Aprile, con gli ottant’anni della Liberazione. E a seguire sono venuti i cortei contro il fascismo, che è sempre di moda e va su tutto. Quindi la Palestina, il riarmo, i diritti e il lavoro. E visto che in Italia non c’era molto altro per cui protestare, 5 stelle e compagni hanno pure deciso di esportare le manifestazioni. Giuseppe Conte ne ha organizzata una all’Aia, in vista del summit Nato.

Elly Schlein, Carlo CalendaRiccardo Magi, Alessandro ZanAlessandra Maiorino e Carolina Morace, ovvero la combriccola arcobaleno dell’opposizione, andranno invece in trasferta a Budapest, sfidando il divieto che impedisce il carnevale gay (il pride) per le vie cittadine. In totale dovrebbero essere una trentina, tra deputati e senatori, tutti rigorosamente del campo largo. Che cosa sperano di ottenere? Sicuramente un po’ di visibilità, cioè qualche titolo su giornali e tv nazionali. Se poi la polizia ungherese dovesse respingere o arrestare i manifestanti sarebbe una festa, perché gli onorevoli potranno accusare Budapest di negare a dei rappresentanti del popolo di difendere i diritti fondamentali, cioè sfilare.

Tutto nasce dalla legge anti gender introdotta da Viktor Orbán. Il premier ungherese e il suo partito si sono fatti interpreti di norme che vietano la propaganda Lgbt+. Introdotta nel 2021, la legge, con l’obiettivo di tutelare i minori, vieta di promuovere l’omosessualità e il cambio di sesso. Nessuna lezione pro gender a scuola, zero programmi che strizzano l’occhio al mondo gay e trans in tv, stop ai cortei di gente seminuda in città. Ovviamente i politici progressisti gridano allo scandalo e accusano Orbán di voler instaurare un regime. Contro la norma si è mobilitata l’internazionale Lgbt+, che si è rivolta anche all’Europa, sperando di spingere Bruxelles a sanzionare Budapest. Per l’occasione si è mossa Ursula von der Leyen, che ha scritto un messaggio, dichiarando di essere al fianco della comunità gay e transgender. «Chiedo alle autorità ungheresi di consentire lo svolgimento del pride, senza sanzioni penali o amministrative nei confronti degli organizzatori e dei partecipanti». Orbán le ha risposto secco: «Cara presidente, non interferisca con l’applicazione della legge negli Stati membri della Ue».

È in questo clima che Schlein e compagni atterreranno nella capitale ungherese. Tuttavia, al di là di un passaggio televisivo, che certamente sulle emittenti italiane non sarà negato (mentre difficilmente i talk show locali si occuperanno di Calenda Magi), c’è da chiedersi a che altro puntino i delegati italiani. Credono davvero che, dopo la loro presenza al corteo, Orbán cambierà la legge? Oppure pensano che l’Ungheria sia un regime? Ma se ce l’hanno tanto con i dittatori, perché non prendono un volo per Teheran e vanno a dare man forte all’opposizione che sogna di rovesciare Khamenei e la sua banda di pasdaran e tagliagole? Troppo rischioso? Beh, se vogliono contestare qualche vero autocrate non c’è che l’imbarazzo della scelta: possono andare da Putin, oppure da Maduro e se proprio non vogliono imbarcarsi in viaggi lunghi c’è sempre Erdogan, che è a portata di mano e, a differenza di Orbán, gli oppositori non li lascia sfilare ma se ne sbarazza mettendoli in carcere con qualche bislacca accusa (l’ultimo a finire dietro le sbarre è stato il sindaco di Istanbul, che avendo qualche possibilità di candidarsi contro il satrapo di Ankara è stato giudicato troppo pericoloso). E se neppure questi vanno bene possono sempre scegliere qualche Paese africano o mediorientale, dove il problema Lgbt + non si pone, perché i gay li fanno sparire, mandandoli in prigione o al cimitero.

Certo, passeggiare per le vie di Budapest urlando qualche slogan è molto più comodo: un’oretta o due di viaggio, un’altra oretta o due di slogan e poi è tutto finito. Giusto il tempo di trovare un ristorantino e gustare un ottimo gulasch.

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