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L’Fbi dà la caccia a chi mutila i bimbi. Ira del mondo Lgbt

L’Fbi dà la caccia a chi mutila i bimbi. Ira del mondo Lgbt

Il Bureau chiede di segnalare le cliniche che eseguono le operazioni di cambio di sesso sui minorenni. Una decisione sostenuta dalla scienza. Che la sinistra invoca solo quando le fa comodo

È sempre stimolante osservare come la scienza venga chiamata in causa e magnificata solamente quando si attiene al copione prestabilito. Ogni volta che emerge qualche relativa certezza leggermente disturbante (per l’ideologia prevalente), ecco che i dati passano in secondo piano, gli studi si possono serenamente ignorare e le azioni politiche divengono immediatamente soprusi.

L’appello dell’Fbi

L’Fbi – niente meno – ha pubblicato sui profili social un curioso appello: «Aiuta I’Fbi a proteggere i bambini», si leggeva nel post. «Come ha chiarito il Procuratore generale, proteggeremo i nostri bambini e e riterremo responsabili coloro che li mutilano con il pretesto di cure affermative del genere». Le autorità federali invitavano poi i cittadini statunitensi a «segnalare ospedali, cliniche o professionisti che eseguono queste procedure chirurgiche sui bambini».

La reazione è stata pressoché immediata e pavloviana: subito la faccenda è stata presentata come l’ennesimo atto persecutorio dell’amministrazione americana contro i suoi nemici ideologici. «L’Fbi indaga sugli interventi chirurgici per cambiare il genere dei bambini», ha titolato ad esempio La Stampa. «L’agenzia investigativa chiede aiuto ai cittadini per individuare le strutture mediche che effettuano procedure di transizione sui minori. La campagna negli States contro la comunità Lgbtq+ di Trump prosegue». In realtà l’Fbi non indaga ma si è limitata a chiedere segnalazioni. Soprattutto, però, non si capisce che cosa abbia a che fare tutto ciò con una presunta «campagna contro la comunità arcobaleno».

Posto che l’idea di mobilitazione della cittadinanza ai fini di segnalare questo o quello non ci fa impazzire in assoluto, nel caso delle cliniche gender ci troviamo in un contesto decisamente particolare. Per anni la quasi totalità delle cliniche che trattavano le problematiche relative al genere hanno seguito il cosiddetto approccio affermativo, il quale prevede appunto di sostenere l’affermazione (cioè di fatto l’autodichiarazione) che ogni persona fa rispetto al proprio sesso. Se ti dichiari donna, in pratica, il compito della medicina diventa quello di aiutarti a diventare tale: tutto il resto è ridotto a transfobia e discriminazione.

L’autodichiarazione? Demolita dalla scienza

Il fatto è che, negli ultimi anni, questo approccio è stato prima messo alla prova e poi demolito da una serie di studi autorevoli ed equilibrati, tra cui la Cass Review nel Regno Unito e il rapporto realizzato dal Dipartimento della Salute e dei Servizi umani degli Stati Uniti intitolato «Trattamento della disforia di genere pediatrica: revisione delle prove e delle best practices», pubblicato il primo maggio. Pure una rivista liberal come l’Economist, sfogliando il report, ha ammesso che stavolta «l’amministrazione Trump ha la scienza dalla sua parte».

In quel documento si legge, tra l’altro, che «i rischi della transizione medica pediatrica includono infertilità/sterilità, disfunzione sessuale, alterata densità ossea, impatti cognitivi negativi, malattie cardiovascolari e disturbi metabolici, disturbi psichiatrici, complicanze chirurgiche e rimpianto». Gli esperti super partes hanno messo nero su bianco pesanti critiche all’approccio attualmente prevalente in materia di genere. «Il modello di assistenza gender-affirming, così come praticato nelle cliniche statunitensi, è caratterizzato da un processo guidato dal bambino in cui le valutazioni complete della salute mentale vengono spesso minimizzate o omesse, e gli “obiettivi di incarnazione” del paziente fungono da guida principale per le decisioni terapeutiche», si legge nel report. «In alcune delle principali cliniche pediatriche di genere del Paese, le valutazioni vengono condotte in un’unica sessione della durata di due ore. Le voci […] di chi cerca di evitare la transizione hanno svolto un ruolo fondamentale nell’attirare l’attenzione del pubblico sui rischi e i danni associati alla transizione medica pediatrica. Le loro preoccupazioni sono state sminuite, respinte o ignorate da importanti sostenitori e professionisti della medicina pediatrica».

Errori e rischi

Sono medici, ricercatori, scienziati a sostenere che l’approccio finora utilizzato per affrontare i disturbi legati al genere dei minori è sbagliato e pericoloso. C’è il rischio concreto – che per troppi è già divenuto amara realtà – di mutilare e danneggiare permanentemente ragazzini e ragazzi e fragili sulla base di valutazioni totalmente viziate dalla ideologia. Questo è il motivo per cui Trump, a gennaio, ha firmato un ordine esecutivo per bloccare le procedure di transizione di genere per i minori di 19 anni. «È politica degli Stati Uniti non finanziare, sponsorizzare, promuovere, assistere o supportare la cosiddetta transizione di un bambino da un sesso all’altro», si leggeva nel provvedimento. «Gli Stati Uniti applicheranno rigorosamente tutte le leggi che proibiscono o limitano queste procedure distruttive che cambiano la vita».

Il fatto è che, nonostante le evidenze scientifiche, queste decisioni sono state immediatamente bollate come intolleranti e persecutorie. E da chi? Beh, dallo stesso mondo politico che si vanta costantemente di credere alla scienza, anzi di tenerla come principale punto di riferimento. Parliamo degli stessi positivisti che, in tempi di Covid (e in parte ancora oggi), godevano quando qualcuno denunciava i propri vicini e infierivano quotidianamente contro i no vax. Ebbene, chiamare la polizia perché i tizi dell’appartamento a fianco non hanno la mascherina è cosa buona e giusta, un dovere civico. Invece segnalare una clinica che – ignorando gli studi più recenti e autorevoli – procede alla mutilazione di minorenni è cosa orrenda e razzista. Come volevasi dimostrare, la scienza va usata solo quando fa comodo e porta acqua all’ideologia. E non vale, purtroppo, solo nel caso americano: sarebbe ora che anche qui le società scientifiche e le istituzioni recepissero le evidenze della Cass Review e del report statunitense, oltre che degli altri studi nordeuropei sul tema. Quando c’era da compiacere le case farmaceutiche e i governi occhiuti e vessatori, i nostri luminari si affrettavano a obbedire. Ora che c’è sul tavolo una questione spinosetta fanno finta di niente o vanno a rilento, e a farne le spese sono i minorenni in difficoltà e le loro famiglie.

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