Tra i tanti difetti, Donald Trump ha un sicuro pregio: sta letteralmente facendo esplodere il cervello unico progressista che comanda gli intellettuali di mezzo mondo. La battaglia condotta contro le università considerate templi della cultura woke – a partire da Harvard – benché per molti versi contestabile sta facendo emergere con chiarezza cristallina le clamorose contraddizioni della sinistra globale. A questo disvelamento, certo, collaborano pure commentatori e editorialisti sinistrorsi, i quali nel tentativo di difendere le proprie casematte dimostrano quanto l’inversione della realtà sia al centro della proposta liberal.
Un formidabile aiuto lo ha fornito ieri Ezio Mauro, che ieri su Repubblica – biasimando Trump – ha scritto che «l’ultradestra» ha «ormai appiccato il fuoco al sistema della conoscenza, ben oltre il mondo accademico americano. Forzando il cancello di ferro di Harvard», dice Mauro, «il presidente americano attira l’attenzione del mondo su un obiettivo molto più ambizioso, perché estremo: una vera e propria frattura culturale nel nome dell’ideologia, la fine di un sapere condiviso che è il vero collante dell’unità nazionale e della continuità identitaria». Secondo Mauro, «da oggi è aperta la contesa sulla cognizione del mondo, decisiva per riformulare il criterio in base al quale si valutano gli accadimenti e si giudicano i fenomeni, dopo che il populismo ha abbattuto il canone occidentale, autoilluso di avere una valenza universale. La partita è ovviamente decisiva perché la posta è la ridenominazione della realtà, l’esercizio del potere culturale di dare un nome alle cose ricreandole alla luce del nuovo dominio, stabilendo la moderna gerarchia, per arrivare a una riformulazione dei concetti di bene e male secondo l’etica sovrana». In pratica, la grande firma di Repubblica per dare addosso a Trump ha descritto ciò che la sinistra culturale ha fatto negli ultimi trent’anni almeno proprio al fine di condurre una rivoluzione.
Tanto per cominciare, il canone occidentale che diede il titolo a un meraviglioso saggio di Harold Bloom è stato demolito e avversato negli ultimi decenni proprio da quelli che Bloom definiva allievi della «scuola del risentimento», cioè dai tifosi delle minoranze che di recente abbiamo imparato a chiamare woke. Costoro hanno tentato di cambiare il linguaggio – tramite censura e rieducazione – nella speranza di modificare la realtà. Hanno imposto e continuano a imporre un universo artificiale in cui la cultura, la biologia, la nazionalità e il semplice buonsenso non solo non contano, ma sono banditi. Un mondo in cui si può cancellare il padre e strappare i figli alla madre, in cui si riscrivono i libri e si usa l’umanitarismo per sconvolgere le nazioni. Un capitolo a parte lo merita il ragionamento sulla scienza. Dice Mauro che «siamo nell’esatto momento in cui si tenta di cambiare la tavola pitagorica del sistema, il suo alfabeto, l’algebra, attraverso la modifica del metodo di calcolo della realtà, alterando la sua percezione per mezzo della svalutazione dei fatti e della demolizione di procedure, istituzioni e norme». Basterebbe nominare la parola Covid per demolire il castello di carte edificato dall’ex direttore di Repubblica. L’uso strumentale della scienza – tramutata in religione – che è stato fatto durante la pandemia è paragonabile soltanto allo scempio che ne viene fatto quando si affrontano le questioni ecologiche o, peggio, si discute di presunti diritti arcobaleno. La percezione oggi è sovrana, grazie ai liberal che l’hanno resa tale, ovviamente a patto che sia una percezione «giusta», cioè corrispondente a ciò che il potere desidera. Per altro, Mauro riesce nell’impresa di buttare il bambino con l’acqua sporca: a iniziare l’impresa di decostruzione, anche con qualche risultato positivo, è stata gente come Michel Foucault che la sinistra ha venerato per decenni. Ora va tutto nel cestino perché la demolizione è sfuggita di mano e dal caos derivatone è spuntato Trump. Mauro tuttavia insiste: «Il potere neo-autoritario invece di inseguire le singole verità confutandole e contrastandole compie un salto sovrano, e attacca le agenzie che producono quelle verità, avvelenando direttamente la fonte, una volta per tutte», scrive. «Per delegittimare così l’autorità cognitiva del sistema democratico, minare l’impianto istituzionale del sapere, contrastare la produzione naturale di verità spontanea, ridurre l’autonomia intellettuale, svalutare il metodo scientifico: svuotando infine il perimetro della conoscenza per prosciugare la costruzione sociale che rende la verità possibile, a garanzia di tutti».
Sono stati terzomondisti, anti occidentali, antiamericani, internazionalisti. Hanno negato la realtà con la scusa di difendere ogni minoranza. Hanno combattuto con ogni forza i concetti di autorità e verità. Ed eccoli oggi, poveretti, a invocare l’Occidente e la verità soltanto perché qualcuno li sta battendo con le loro stesse armi.