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Italia-Moldavia, vittoria senza gioia: si volta pagina

Italia-Moldavia, vittoria senza gioia: si volta pagina

L’Italia batte la Moldavia ma risultato e prestazione non cancellano le paure. L’ultima di Spalletti in panchina, i fischi del pubblico e un punteggio che allontana ancora di più la qualificazione al Mondiale

L’Italia batte la Moldavia, Spalletti chiude con un successo la sua avventura sulla panchina della nazionale e saluta. Da settembre ci sarà un altro commissario tecnico ad inseguire la qualificazione al Mondiale 2026 e non sarà semplice, perché i sigilli di Raspadori e Cambiaso non sono sufficienti per accorciare almeno psicologicamente l’enorme gap che separa gli azzurri dalla Norvegia. Per sbrigare la contabilità, la distanza tra noi e loro resta enorme: 9 punti (seppure con due partite da giocare in più) e 10 gol nella differenza reti. Haaland ha liquidato l’Estonia cancellando uno dei pochi spazi per sperare in un passo falso norvegese.

La sfida di Reggio Emilia è stata giocata in un clima surreale, con un ct esonerato in panchina e un gruppo sfiatato e sfiduciato in campo. Si poteva fare diversamente? Forse. Ma di sicuro non era nelle possibilità di nessuno restituire energie psicofisiche a giocatori che, ciascuno per motivi propri, sono arrivati con il serbatoio vuoto alle ultime fatiche della stagione. La verità è che anche la partita contro la Moldavia è stata un pianto: lenta, involuta, confusa e costantemente condizionata dalla paura di prendere una rete che avrebbe complicato tutto.

E’ stato un regalo della buona sorte il fuorigioco millimetrico che ha cancellato il vantaggio moldavo all’alba del match. Risalire sarebbe stata un’impresa, uno psicodramma collettivo che oggi l’Italia del pallone non è pronta ad affrontare. A settembre, chissà. La Federcalcio punta tutto sulla figura di Claudio Ranieri e per arrivare a lui è disposta anche a piegare l’interpretazione delle norme, così da rendere possibile il doppio incarico – seppure non ufficiale – di selezionatore della nazionale e consulente privato dei Friedkin nelle cose della Roma.

Bisogna augurarsi che Ranieri, per spirito di servizio, accolga la proposta e si metta a disposizione. Il materiale umano è migliore di quello visto contro Norvegia e Moldavia, ma lo choc per l’avvio del percorso di qualificazione al Mondiale 2026, che per gli interisti si è saldato a quello provocato dalla debacle della finale della Champions League, necessita prima di tutto qualcuno che sappia parlare alla testa e al cuore dei giocatori, prima ancora che studiare accorgimenti tattici da provare in campo.

Ragionare oggi di cosa serva per andare al Mondiale significa cullare un’illusione. Meglio concentrarsi sull’obiettivo di blindare il secondo posto nel gruppo, salvaguardare il ranking Fifa (siamo scivolati indietro) e prepararsi in maniera adeguata al playoff di marzo dove conterà tutto: come ci si arriva, un pizzico di fortuna e avere la solidità mentale di non pensare a Svezia e Macedonia del Nord che ci hanno rispedito a casa nel 2018 e 2022.

Ultimo appunto su Luciano Spalletti, cui è stata risparmiata l’umiliazione di chiudere con un risultato diverso dalla vittoria, ma non il dispiacere di aver presentato una delle più brutte nazionali dell’ultimo decennio. Il passo d’addio è stato insieme dignitoso, nell’assunzione di responsabilità per i risultati che sono mancati dall’Europeo a qui, e allo stesso tempo confuso nell’indicare nemici esterni e presunti “gufi” che hanno volteggiato sulla sua panchina. Non serviva a lui e non serve alla nazionale che necessita di attenzioni particolari per rimettersi in piedi.

Gravina, sotto il fuoco della critica e dell’opposizione politica in Figc, non potrà sbagliare nessuna delle prossime mosse a partire dalla scelta del nuovo ct. Lo dovrà fare stando seduto, in posizione scomoda, sul banco degli imputati. Siccome, però, non esiste nessuno che abbia la bacchetta magica che garantisca la qualificazione, è giusto che si giochi fino in fondo le sue chance. Possibilmente senza essere colpito da fuoco amico.

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