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Festival di Cannes 2025, stessa fanfara stesso esito: zero premi agli italiani

Festival di Cannes 2025, stessa fanfara stesso esito: zero premi agli italiani

Sono passati più di vent’anni dall’ultima Palma d’oro a un regista italiano. Svaniti in un nulla i sette minuti di applausi a Mario Martone. Eppure dopo Francia e Stati Uniti, negli anni l’Italia è stata la più premiata alla Croisette

Erano i tempi in cui l’Italia si rispecchiava nella luce della baia di Cannes e della Palma d’oro, con riflessi da primi della classe. Mentre in Costa Azzurra arrotolano il tapis rouge del Festival numero 78, da quest’altra parte delle Alpi stiamo ammainando l’ennesima edizione senza premi per il nostro cinema.

Non era facile andare a segno, avevamo solo un film nel concorso principale. Eppure Fuori di Mario Martone era stato accolto da sette minuti applausi: ma non sono le grancasse di facciata, evidentemente, ad assegnare poi gli allori.
Anche dalla sezione minore Un certain regard, che conteneva due titoli italiani, nessun sussulto.

Aveva forse ragione il divo stolto della dissacrante serie tv Boris, Stanis La Rochelle interpretato da Pietro Sermonti, quando diceva: «Non riesco a vedere i film italiani perché sono troppo italiani».

La vittoria di Jafar Panahi come Antonioni

Come da previsioni, la Palma d’oro del Festival di Cannes 2025 è andata a Yek tasādof-e sāde (Un semplice incidente) di Jafar Panahi, il regista iraniano dissidente che ha sfidato la censura e il regime, subendo più volte la carcerazione. Un premio politico o di merito?

Di solito forzatamente assente alle premiazioni dei suoi film, questa volta Panahi c’era alla Croisette: una bella gioia. Film girato dopo la sua prigionia al carcere di Evin, è stato onorato del massimo riconoscimento dalla giuria capitanata da madame Juliette Binoche, che ha così motivato: «Ha vinto non per le sue opinioni politiche ma per il suo cuore, l’umanità, la libertà ritrovata».

Jafar Panahi centra così un’impresa che prima era riuscita solo al nostro Michelangelo Antonioni, ovvero vincere i primi premi dei quattro principali festival europei: la Palma d’oro, il Leone d’oro, l’Orso d’oro e il Pardo d’oro.
E guizza un acre amarcord. I successi del cinema italiano firmati Antonioni furono: Pardo d’Oro a Locarno a Il grido nel 1957; Orso d’Oro di Berlino a La notte nel 1961;  Leone d’Oro a Venezia per Il deserto rosso nel 1964; Palma d’oro a Cannes con Blow-Up nel 1967. «Non mi esalto per gli apprezzamenti positivi e non mi avvilisco per i dissensi», diceva il regista dell’alienazione.

Perché Fuori di Mario Martone non ha vinto

Fuori di Mario Martone è uscito dal Festival di Cannes a bocca asciutta. I sette minuti di applausi alla prima al Grand Théâtre Lumière sono serviti a poco. Dal Grand Prix speciale della Giuria al Premio della giuria fino ai riconoscimenti per le interpretazioni, il palmarès parla norvegese, tedesco, francese e così via, ma per nulla italiano.

Dobbiamo ammetterlo: a noi è piaciuto Fuori, affresco emotivo e affettuoso di Goliarda Sapienza, che si concentra sulla sua esperienza carceraria e sulle relazioni libere e solidali che la scrittrice visse con le altre detenute durante e dopo la prigionia.

Con altrettanta sincerità dobbiamo però riconoscere che non abbiamo avvertito nel film alcuna potenzialità da premi, né per la sceneggiatura, né per le interpretazioni (nonostante la performance calda e generosa di Valeria Golino), né tantomeno per la sommità della Palma d’oro.

Certa stampa straniera, poi, ne aveva avvertito subito le lacune: per un pubblico che non conosce Goliarda Sapienza, probabilmente Fuori restituisce poche informazioni, e frammentarie, sull’autrice del romanzo capolavoro L’arte della gioia. Fuori dall’Italia e dalla Francia, che amano la scrittrice italiana, che respiro internazionale può avere Fuori?

Variety l’aveva definito una «storia troppo oscura». TheWrap lamentava: «Nonostante i continui riferimenti al passato, la sostanza è scarsa, poiché Fuori non riesce a dipingere ritratti completi dei suoi personaggi in nessuna delle due linee temporali. È un film alla ricerca di un personaggio la cui unica salvezza potrebbe essere quella di indurre il pubblico a leggere l’opera di Sapienza in prima persona, perché il film non rende giustizia né a lei né alla sua eredità».

Festival di Cannes 2025, stessa fanfara stesso esito: zero premi agli italiani
Da sinistra: Ippolita Di Majo, Matilda De Angelis, Mario Martone, Valeria Golino, Elodie Di Patrizi alla premiere di “Fuori”, 20 maggio 2025 (Ansa / EPA / Guillaume Horcajuelo)

Le Palme d’oro italiane dei tempi che furono

Eppure c’erano tempi in cui il palmarès di Cannes era così tanto italiano. Nell’albo d’oro del Festival francese la Palma d’oro è stata vinta da un italiano ben 12 volte. Meglio ha fatto solo la Francia (14), spesso abbastanza nazionalista nei riconoscimenti, e gli Stati Uniti (21).

Anche per il Grand Prix Speciale della Giuria abbiamo avuto grandi vittorie (ben 10, secondi solo alla Francia che ne conta 12) e per il premio al miglior attore (10 successi, terzi dopo Francia con 18 e Stati Uniti con 26).

Per risalire all’ultima Palma d’oro alzata da un italiano bisogna tornare indietro di più di vent’anni, fino a La stanza del figlio di Nanni Moretti del 2001.

Il periodo d’oro tricolore? Gli anni ’60 e ’70. Nel 1972, addirittura, fu assegnato il massimo onore a due italiani: La classe operaia va in paradiso di Elio Petri e Il caso Mattei di Francesco Rosi. Negli anni ’60 ottenemmo quattro volte il premio principale: con La dolce vita di Federico Fellini nel 1960, Il Gattopardo di Luchino Visconti nel 1963, Signore & signori di Pietro Germi nel 1966, il già citato Blow-Up di Antonioni nel 1967.

Per trovare l’ultima volta di un regista italiano nel palmarès principale di Cannes bisogna andare al 2018, quando Alice Rohrwacher con Lazzaro felice conquistò il Prix du scénario, ex aequo.

I giovani italiani di Un certain regard

Niente da fare anche per Le città di pianura di Francesco Sossai e Testa o croce? di Matteo Zoppis e Alessio Rigo de Righi, entrambi in gara nella sezione minore Un certain regard. Ha vinto come miglior film La misteriosa mirada del flamenco del cileno Diego Céspedes.

Eppure Thierry Frémaux, delegato generale del Festival di Cannes, nel presentare i registi italiani aveva avuto parole lusinghiere. «L’Italia non ha mai cessato di essere un paese di cinema, ma dopo anni di gloria aveva perso la capacità di produrre a quei livelli. Cannes ha sempre intercettato alcune nuove grandi figure, abbiamo accolto nel tempo degni eredi di Scola, Fellini e Antonioni».

L’anno scorso sotto Un certain regard si distinse Roberto Minervini, che con I dannati fu premiato per la miglior regia.

Non resta che tenerci stretta Maura Delpero, che con la sua opera seconda Vermiglio ha vinto il Leone d’argento – Gran premio della giuria a Venezia 2024 ed è arrivata nella cinquina finale per il Golden Globe 2025 al miglior film straniero. Aspettando il nuovo film di Luca Guadagnino, After the hunt, con Julia Roberts e Andrew Garfield. E sperando che la prossima Mostra del cinema lagunare, edizione 82, sappia regalarci nuove e vecchie voci ed emozioni.

Tutti i premi del Festival di Cannes 2025

Ecco i premi del concorso principale.

Palma d’oro: Yek tasādof-e sāde di Jafar Panahi.
Grand Prix speciale della Giuria: Affeksjonsverdi di Joachim Trier.
Prix de la mise en scène: Kleber Mendonça Filho per O agente secreto.
Prix du scénario: Jean-Pierre e Luc Dardenne per Jeunes mères.
Premio per la migliore interpretazione femminile: Nadia Melliti per La petite dernière.
Premio per la migliore interpretazione maschile: Wagner Moura per O agente secreto.
Premio della giuria: In die Sonne schauen di Mascha Schilinski e Sirât di Óliver Laxe.
Premio speciale: Kuángyě shídài di Bi Gan.

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