La notte ha portato consiglio e Igor Tudor ci ha ripensato. Il tecnico croato che ha qualificato la Juventus in Champions League, prendendo la squadra in corsa a 9 giornate dalla fine del campionato, sarà sulla panchina dei bianconeri nel Mondiale per Club degli Stati Uniti. Dopo le parole del post partita di Venezia (“Non sarebbe giusto andare se non confermato”) è arrivata la marcia indietro per bocca del suo agente, Anthony Seric: “E’ stato uno sfogo dettato dalla tensione per l’obiettivo raggiunto non senza difficoltà, ma in un clima di grande serenità all’interno del club. Igor ha un ottimo rapporto con Giuntoli e tutte le componenti del club: dopo le interviste a caldo poi lui e Cristiano si sono parlati e Igor rispetterà l’impegno preso di guidare la Juve al Mondiale per club”.
“Non metterà nessuna fretta alla società sulla scelta futura perché spera chiaramente di poter ancora essere l’allenatore della Juventus nella prossima stagione e ne rispetterà i tempi della scelta. Nulla di diverso infatti gli è stato comunicato. Tudor si sente juventino dentro, ha lavorato con grande passione e professionalità in questi mesi a dimostrazione del grande legame che ha con il mondo Juve”.
Juventus, Tudor al Mondiale per Club ma il futuro è Antonio Conte
Crisi rientrata in una notte, dunque. Un eventuale decisione di Tudor di non salire sull’aereo per gli States avrebbe messo in forte imbarazzo il club e creato il paradosso di andare a giocarsi il Mondiale per Club della Fifa con in panchina il terzo allenatore di una stagione tormentata. Il futuro, però, non è del croato al di là delle parole rassicuranti spese nelle ultime settimana da una dirigenza che sta lavorando con forza per arrivare al ritorno di Antonio Conte.
L’ex capitano e uomo che ha aperto la serie storica dei nove scudetti di fila, prima di andarsene in malo modo nell’estate 2014, non resterà al Napoli nonostante lo scudetto vinto e la promessa da parte di De Laurentiis di una campagna per rinforzare la squadra in vista del ritorno in Champions League. Un finale che pare scritto tanto che ADL si è già cautelato contattando Massimiliano Allegri e avviando il valzer delle panchine, uno dei pezzi forti della prima parte dell’estate del calcio italiano.
Conte è sul taccuino anche del Milan, partito però in enorme ritardo rispetto ai bianconeri e in questo momento costretto a rincorrere su tutti i principali obiettivi per la panchina. Nella short list di Casa Milan anche Allegri sul cui futuro c’è qualche certezza in meno rispetto a quello di Conte.
Allegri, tutti lo vogliono riportare in panchina
Di sicuro il periodo di riposo di Max è finito. Che sia Napoli o Milan o Roma (molto difficile), è arrivato il momento di rimettersi in circolo dopo l’addio burrascoso alla Juventus dell’anno scorso. A cascata vengono tutti gli altri movimenti. Se il Milan non dovesse riuscire a inserirsi per i primi due nomi, ecco che tornerebbero d’attualità altri profili in questo momento sullo sfondo come Roberto Mancini e Thiago Motta, scelta pericolosa a livello di impatto popolare su una tifoseria in contestazione essendo reduce da una stagione fallimentare.
Al Milan in realtà piace Vincenzo Italiano che, però, è molto vicino al prolungamento di contratto con adeguamento al Bologna dove c’è la volontà di consolidare la crescita tecnica delle ultime due annate. Una matassa da sbrogliare con la Roma che osserva. Ranieri ha detto che i Friedkin hanno già scelto il nome del successore e molti indizi portano a Cesc Fabregas che non sarà semplice strappare a un Como che ha tanti soldi e ambizioni. In caso di strappo, invece, tutto da scrivere il futuro della Lazio perché il finale di campionato di Marco Baroni (3 vittorie nelle ultime 10) ha fatto scendere le quotazioni di un tecnico che pareva in rampa di lancio.
E l’Inter? Tecnicamente non c’è alcuna discussione su Simone Inzaghi che ha un contratto fino al 2026. In realtà molto passerà dall’esito della finale di Champions League e dal successivo colloquio con dirigenza e proprietà. L’Inter non ha nessuna intenzione di separarsi dal suo tecnico, lui vuole garanzie di mercato e chiarezza degli obiettivi. L’Arabia Saudita è un’offerta che esiste, ma non necessariamente può essere la exit strategy scelta in caso di addio.